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martedì 26 marzo 2013

Giovani e dipendenze: gioco on-line e "binge drinking" preoccupano seriamente



Con l’avvento di internet e delle nuove tecnologie informatiche si sono diffuse anche nuove forme di dipendenza non legate all’assunzione di droghe legali (alcol e tabacco) e illegali (sostanze stupefacenti), ma a comportamenti deleteri come giocare d'azzardo o utilizzare strumenti senza i quali l'esistenza sembra diventare priva di significato.
Nella classifica, al primo posto il gioco d’azzardo on-line, indicato soprattutto dai più giovani, seguiti poi dai “tradizionali” videogiochi, dal computer, dalla TV e dai cellulari.
La dipendenza per il gioco on-line è ormai considerata una patologia alla quale applicare una cura simile a quella per l'alcolismo e la tossicodipendenza. In alcuni casi i soggetti dipendenti non riescono a staccarsi dallo schermo, rinunciando persino ai pasti. Il rischio maggiore è rappresentato dalla perdita di contatto con la realtà, sostituita dal mondo virtuale.
L'8 per cento dei bambini tra i 7 e gli 11 anni gioca a soldi on-line. I maschi sono i più a rischio dipendenza e, in generale,  a un adolescente su quattro (25,2 per cento) capita a volte di perdere tutti i soldi a disposizione. Il 7,8 per cento al Videopoker, il 6,9 per cento alle Slot machine. Sul web prediligono l'ambito delle scommesse sportive (scelte dal 20,5 per cento).
I videogiochi rappresentano l’evoluzione tecnologica delle diverse forme di gioco e possono indurre effetti positivi: stimolano le abilità manuali e di percezione, e abituano a gestire gli obiettivi. Alla luce di questi dati, non sono quindi genericamente da criminalizzare, ma dipende dall’uso che se ne fa. L'abuso, cioè la prolungata esposizione a un videogame, senza pause e completamente assorbiti dal gioco, può essere pericoloso. I rischi sono rappresentati dal sovrappeso causato dalla sedentarietà, dalle difficoltà incontrate in ambito scolastico riconducibili al poco tempo dedicato allo studio e alla scarsa concentrazione perché distratti dal desiderio di giocare e, infine, dall’isolamento e dalla tendenza all'introversione.
Un altro tasto dolente della gioventù di oggi, purtroppo, è l’assunzione di bevande alcoliche, da non trascurare, infatti il 64 per cento dei ragazzi italiani, tra i 12 e i 18 anni, bevono alcolici. Iniziano a bere soprattutto nel periodo della scuola media: è così per il 65,7 per cento dei ragazzi più giovani (12-15 anni) e per il 44,1 per cento dei più grandi, il 46,2 per cento dei quali ha dichiarato di aver bevuto alcolici la prima volta dopo i 15 anni.
Un preoccupante 21,1 per cento ha addirittura meno di 11 anni quando assume la prima bevanda alcolica. Il 60 per cento dei ragazzi tra i 16 e i 18 anni preferiscono cocktail e aperitivi, seguiti dalla birra (58,9 per cento), dai superalcolici (46,4 per cento), dagli 'shottini' (41,3 per cento) e infine dal vino (31,7 per cento).
Dati questi che devono essere correlati alla nascita ed allo sviluppo del “binge drinking”, cioè l'assunzione di 5 o più bevande alcoliche in un intervallo di tempo piuttosto breve. Per i giovani vittime del “binge drinking” non è importante il tipo di sostanza che viene ingerita né l'eventuale dipendenza alcolica: lo scopo principale e unico di queste “abbuffate alcoliche” è l’ubriacatura immediata e la conseguente perdita di controllo.

Tanja D’Angelo, Emanuel Borzellino










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