“Ogni volta
che un italiano apre bocca, il congiuntivo muore”. L’Italia è la culla della
letteratura: da Petrarca a Manzoni, da Dante a Primo levi. Ma non tutti hanno
l’innata arte dell’eloquenza.
Sono
infatti numerosi gli errori, sia a livello lessicale che grammaticale, che
vengono commessi con sempre maggiore frequenza. I fattori che influiscono sono
l’humus culturale, la società che ci circonda, il dialetto della terra natale e,
soprattutto, l’uso continuo delle nuove tecnologie, dall’e-mail agli sms
passando per le tante sessioni di chat che inducono, sempre più spesso, ad abbreviare
le parole a causa della fretta di comunicare e dare così vita a successioni di
lettere non riconosciute dalla lingua italiana.
Gli errori
di questo tipo emergono soprattutto nei ragazzini che negli elaborati scritti
scolastici commettono orrori – anziché errori – ortografici.
La lingua
italiana nasce dalle trasformazioni subite dal latino. La lingua si divideva in
lingua letteraria e lingua parlata, ossia il volgare. Quella che si diffuse maggiormente
fu il latino volgare dal quale provengono le lingue chiamate neolatine o
romanze. Originariamente, prima dell’unificazione d’Italia, nelle varie regioni
la lingua parlata dal vulgus era il
dialetto; Dante, come ci è noto, contribuì a creare un modello linguistico
unificante. L’Italia è stata e rimane un paese multilingue.
Oggi circa
il 30% della popolazione utilizza il dialetto sia in casa che sul posto di
lavoro. Se l’uso del dialetto contribuisce ad essere parte integrante della
cultura e delle tradizioni delle diverse regioni italiane, è pur vero che la
lingua madre non va messa da parte.
Carla Lauricella Ninotta, Miriam
Martoriello
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